Francesco Fassbinder

Racconti, poesie, critiche di Francesco Santoro

sabato 13 dicembre 2014

Diario del C. (piccola educazione sentimentale del pene dalle origini ai nostri giorni)

Prima Puntata

Origini

Marzo 1981

È la prima volta (e anche l’ultima) che appaio su di uno schermo. Siamo in una sala d’ospedale, sua madre è distesa sul lettino con la pancia scoperta, unta di un gel freddo. Il medico passa una specie di mouse sulla sua semisfera di pelle dilatata, io appaio per un momento, piccolissimo, quasi invisibile sullo schermo in bianco e nero, sembro la falange del mignolo di un neonato, ma ingrandendo con lo zoom, si scopre meglio la mia presenza e con essa il sesso del mio padroncino, ancora senza voce, senza sguardo, né movimenti di qualsivoglia coscienza: nuotiamo insieme in un’acqua calda, una penombra densa, opaca, ci avvolge senza remissione, colma di aspettative. Il nostro unico compito è quello di crescere, come lo sarà più tardi ancora per molto tempo. Alla mia scoperta sono seguite le urla di stupore di sua madre – non so se erano anche di gioia -, e più tardi, quando ha ricevuto la notizia, un riso un po’ sinistro di suo padre – forse di scherno. Per lui hanno scelto subito un nome: S. A me non l’hanno ancora dato, nemmeno S. - la presenza a me più vicina, il mio amico, nemico, padrone, confidente – so che mi darà un nome, nemmeno quando mi parlerà…

* * *
Mi sento assai solo. È come se fossi morto, eppure questi sono i miei primi giorni di presenza, di vita, anche se in stato embrionale. Cresco come una massa informe di cellule in un piccolo muscolo avvolto da pelle, come il pianeta nel quale sarò più vivo - eretto o addormentato -, si è creato dalla nebulosa della Via Lattea. Mi sento assai solo forse perché non percepisco ancora la presenza del mio padrone; solo come un piccolo oggetto inutilizzabile già dai primi istanti della sua creazione, dimenticato in un luogo sconosciuto, al buio, ma al caldo, bagnato; in una situazione che so che cercherò e invidierò per tutta la mia breve (o lunga, non so) vita invano: la sua completezza, la sua pacata serenità, la sua felicità.

* * *

Finalmente siamo usciti da lì. È stato per me un istante molto doloroso, è stato come attraversare una strettura per poi sentire immediatamente (e per la prima volta) freddo e urla, urla disperate. Ho capito (poco dopo) che quella è la voce del mio padrone. Ho cominciato così a vivere, appeso tra le sue cosce arrossate e il mio compito non si è rivelato altro che quello di espellere attraverso il mio buchino la sua pipì… bagnare lenzuola, cuscini, pannolini, facce (a volte); spesso sto a bagno per ore nell’umido della pipì che diventa da calda fredda. Capita che mi ammali per pochi giorni o addirittura per poche ore. Divento rosso, più ruvido, si formano delle minuscole bolle sulla mia pelle e rimpicciolisco, raggrinzisco. Non è una bella vita. Al momento del passaggio dall’acqua e dal buio a questo mondo di aria e luce, mi aspettavo di più, ma che posso farci, se questo è il mio destino l’accetto, così com’è.
* * *

Il mio padrone sembra uno scemo: mangia, beve, piange, dorme e mi impiastriccia di merda. Non fa altro, credo che sorrida a volte, ma credo che lo faccia involontariamente. Non si occupa mai di me. Non so se essergli grato per la sua indifferenza. Non faccio altro che obbedire ad una volontà che non è la mia e nemmeno, forse, la sua. So che passeranno molti anni prima che possa attrarre la sua attenzione su di me, sulle mie nuove necessità, i miei nuovi bisogni che presto o tardi saranno anche i suoi. So che intanto trascorrerò un lungo periodo d’inferno, con qua è là pause di luce come accade durante il bagnetto quando le mani – più spesso quelle di sua madre – mi accarezzano con estrema dolcezza, ma a volte – dipende dal suo umore o forse dalla fretta -, con disattenzione e approssimazione, maldestramente. Più spesso con dolcezza però, a contatto con l’acqua tiepida (a volte troppo calda) posso descrivere quei momenti come di vera felicità.

* * *

Mi spiace, lo so già da ora, che non avrò (come lui) mai un nome, un’iscrizione all’anagrafe, un documento che possa attestare la mia identità personale.

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