In un’ampia cucina
scabra d’arredamento illuminata dalla luce mattutina filtrante da una finestra.
A – New York …! New York …! New York …!
B – E’ tutta la mattina che ne stai seduto a ripetere New
York New York… abbassa almeno la voce!
A – Scusa se ti ho svegliato.
B – Non è per questo. È che sono di nuovo preoccupato per il
tuo stato di salute.
A – Non so cosa possa centrare New York con la mia
appendice.
B – Tutto è collegato… Devi sapere…
A – (lo interrompe) New York …! New York …! New York …!
B – Ancora!
B – (gli si siede di
fronte) Allora, dimmi semplicemente, in poche parole, perché ripeti la
parola New York.
A – New York è una città, non è una parola!
B – Va bene, ora rispondi alla domanda.
A – Devo partecipare ad un concorso di racconti.
B – E allora che ci vuole.
A – Non mi ricordo le altre parole chiave. Ricordo solo New
York.
B – Scrivi ciò che ti viene in mente.
A – Non posso. Nello statuto c’è scritto che devono essere
necessariamente presenti le quattro parole indicate tra cui New York.
B – Inizia a scrivere e vedrai che ti verranno in mente,
così la smetti di ripetere New York.
A – Ma io non ci sono mai stato a New York!
B – Appunto. Vola con l’immaginazione. (dopo una breve pausa) Più del 50% dei film di Woody Allen sono
ambientati a New York, e a te piace e gli somigli molto.
A – Come ti permetti a dirmi che assomiglio a quel vecchio
paranoico!
B – Scusa, a me sembrava un complimento. Mi riferivo ai
personaggi comunque.
A – (dopo una lunga
pausa) Tu sai che seguo nel bene e nel male sempre i tuoi consigli… bene…
ora mi metterò a scrivere.
B – (incalzandolo)
Conosco decine di storie legate a New York… pensa alla Factory di Andy Wharol,
a Basquiat, ai Velvet Underground, a Nico che a te piace tanto…
A – Ancora! Quella è musica di altri tempi ormai!
B – Intanto stai sempre ad ascoltarla.
A – Io ascolto pure Tim Buckley.
B – Sì, l’ultima novità uscita nei negozi di dischi…
A – (silenzio come se
ascoltasse una musica proveniente da lontano)
B – Bene. Quando scade il concorso?
A – E’ scaduto da cinque giorni.
B – E che lo scrivi a fare il racconto!
A – Per recuperare il mio senso di colpa e renderlo
produttivo…
B - …un modo come un altro per continuare a esistere…
A - …per occupare il tempo di pensieri e riempire lo spazio
di parole belle perché inutili.
B – Qual’era il premio?
A – Lettura in una serata tra amici e pubblicazione su un
sito di un quotidiano.
B – Ottimo! Non ti sei perso niente.
A – Non sono per niente d’accordo, sarebbe stato davvero
stimolante.
B – Per chi?
A – Per i lettori, gli ascoltatori e per me.
B – Ma se te ne stai chiuso da giorni in casa quando va bene
e in stanza quando va male!
(silenzio)
A – Avevo da fare.
B – Vorrei proprio sapere cosa di così pregnante per non
accorgerti in tempo della scadenza del concorso.
A – Dovevo prendere piena e assoluta coscienza dell’inganno
che sta alla base dell’esistenza dei concetti di spazio e di tempo.
B – E ci sei riuscito?
A – Credo di sì, per il momento.
B – Già per il fatto che concludi con per il momento non sono proprio sicuro che tu ci sia riuscito in
maniera piena e assoluta.
A – Quello è un altro discorso. Ti leghi troppo alle parole,
al loro significato.
B – Perché parli allora?..., se non per esprimere qualcosa
tipo concetti o visualizzare cose come alberi dalle fronde trasparenti.
A – Che c’entrano ora gli alberi e tua fissazione con le
trasparenze! (dopo una breve pausa)
Le parole sono sempre fine a se stesse, non sottintendono nessun significato
logico, è il grado d’intensità con il quale vengono espresse e la vibrazione
che ne scaturisce che conta…, ciò che distingue per chi ha orecchie sensibili
la menzogna dalle verità.
B – Questa è new age vecchia come i baffi di Dalì.
A – Non solo. Anche se le parole non vengono pronunciate la
vibrazione questa volta dei pensieri viene lo stesso percepita da altri sensi
dei quali non siamo ancora del tutto coscienti.
B – Perché non usi questi sesti sensi per ricordare le
parole che ti mancano?
A – (visibilmente
concentrato guardandolo fisso negli occhi) New York, ombra, chiaro,
clarinetto, forse.
B – Ecco. Ora puoi cominciare a scrivere. Io vado in bagno.
A. prende un foglio
bianco, una biro, si risiede e li guarda stupito come fossero gli unici due
oggetti superstiti dopo la catastrofe nucleare definitiva.
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