Francesco Fassbinder

Racconti, poesie, critiche di Francesco Santoro

lunedì 2 settembre 2013

Dialogo per la partecipazione ad un concorso letterario ormai scaduto



In un’ampia cucina scabra d’arredamento illuminata dalla luce mattutina filtrante da una finestra.


A – New York…! New York…! New York…!

B – E’ tutta la mattina che ne stai seduto a ripetere New York New York… abbassa almeno la voce!

A – Scusa se ti ho svegliato.

B – Non è per questo. È che sono di nuovo preoccupato per il tuo stato di salute.

A – Non so cosa possa centrare New York con la mia appendice.

B – Tutto è collegato… Devi sapere…

A – (lo interrompe) New York…! New York…! New York…!

B – Ancora!

A – New York!

B – (gli si siede di fronte) Allora, dimmi semplicemente, in poche parole, perché ripeti la parola New York.

A – New York è una città, non è una parola!

B – Va bene, ora rispondi alla domanda.

A – Devo partecipare ad un concorso di racconti.

B – E allora che ci vuole.

A – Non mi ricordo le altre parole chiave. Ricordo solo New York.

B – Scrivi ciò che ti viene in mente.

A – Non posso. Nello statuto c’è scritto che devono essere necessariamente presenti le quattro parole indicate tra cui New York.

B – Inizia a scrivere e vedrai che ti verranno in mente, così la smetti di ripetere New York.

A – Ma io non ci sono mai stato a New York!

B – Appunto. Vola con l’immaginazione. (dopo una breve pausa) Più del 50% dei film di Woody Allen sono ambientati a New York, e a te piace e gli somigli molto.

A – Come ti permetti a dirmi che assomiglio a quel vecchio paranoico!

B – Scusa, a me sembrava un complimento. Mi riferivo ai personaggi comunque.

A – (dopo una lunga pausa) Tu sai che seguo nel bene e nel male sempre i tuoi consigli… bene… ora mi metterò a scrivere.

B – (incalzandolo) Conosco decine di storie legate a New York… pensa alla Factory di Andy Wharol, a Basquiat, ai Velvet Underground, a Nico che a te piace tanto…

A – Ancora! Quella è musica di altri tempi ormai!

B – Intanto stai sempre ad ascoltarla.

A – Io ascolto pure Tim Buckley.

B – Sì, l’ultima novità uscita nei negozi di dischi…

A – (silenzio come se ascoltasse una musica proveniente da lontano)

B – Bene. Quando scade il concorso?

A – E’ scaduto da cinque giorni.

B – E che lo scrivi a fare il racconto!

A – Per recuperare il mio senso di colpa e renderlo produttivo…

B - …un modo come un altro per continuare a esistere…

A - …per occupare il tempo di pensieri e riempire lo spazio di parole belle perché inutili.

B – Qual’era il premio?

A – Lettura in una serata tra amici e pubblicazione su un sito di un quotidiano.

B – Ottimo! Non ti sei perso niente.

A – Non sono per niente d’accordo, sarebbe stato davvero stimolante.

B – Per chi?

A – Per i lettori, gli ascoltatori e per me.

B – Ma se te ne stai chiuso da giorni in casa quando va bene e in stanza quando va male!

(silenzio)

A – Avevo da fare.

B – Vorrei proprio sapere cosa di così pregnante per non accorgerti in tempo della scadenza del concorso.

A – Dovevo prendere piena e assoluta coscienza dell’inganno che sta alla base dell’esistenza dei concetti di spazio e di tempo.

B – E ci sei riuscito?

A – Credo di sì, per il momento.

B – Già per il fatto che concludi con per il momento non sono proprio sicuro che tu ci sia riuscito in maniera piena e assoluta.

A – Quello è un altro discorso. Ti leghi troppo alle parole, al loro significato.

B – Perché parli allora?..., se non per esprimere qualcosa tipo concetti o visualizzare cose come alberi dalle fronde trasparenti.

A – Che c’entrano ora gli alberi e tua fissazione con le trasparenze! (dopo una breve pausa) Le parole sono sempre fine a se stesse, non sottintendono nessun significato logico, è il grado d’intensità con il quale vengono espresse e la vibrazione che ne scaturisce che conta…, ciò che distingue per chi ha orecchie sensibili la menzogna dalle verità.

B – Questa è new age vecchia come i baffi di Dalì.

A – Non solo. Anche se le parole non vengono pronunciate la vibrazione questa volta dei pensieri viene lo stesso percepita da altri sensi dei quali non siamo ancora del tutto coscienti.

B – Perché non usi questi sesti sensi per ricordare le parole che ti mancano?

A – (visibilmente concentrato guardandolo fisso negli occhi) New York, ombra, chiaro, clarinetto, forse.

B – Ecco. Ora puoi cominciare a scrivere. Io vado in bagno.



A. prende un foglio bianco, una biro, si risiede e li guarda stupito come fossero gli unici due oggetti superstiti dopo la catastrofe nucleare definitiva.

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