Non era quello che si dice un
gran giorno per me. Non so perché considerarlo tale. Fatto sta che decidemmo
insieme a due amici di vecchia data di uscire in bici. Certo “uscire in bici”
non sarebbe la definizione più appropriata, sarebbe meglio dire “coprire una
distanza che superi i cinquanta chilometri in sella ad una bicicletta da corsa
addobbati di tutto punto”. A vederci dall’esterno apparivamo come dei veri e
propri ciclisti, del sabato, in questo caso, anche se in realtà non lo eravamo
nemmeno al cinquanta per cento. Ognuno di noi ha un altro lavoro, e la
passeggiata – non la corsa – non è per noi che un diversivo atto a farci
respirare aria buona e a mantenerci in forma. Era vento di scirocco, e il sole
faceva capolino di tanto in tanto tra le nuvole alte e grigie portate dal vento
che a tratti ci faceva sbandare. Erano raffiche precise, determinate non a
farci cadere, ma appunto a farci sbandare in un momento preciso, quando
soprattutto ci allontanavamo l’uno dall’altro. Uniti in gruppo eravamo un
branco resistente. Decidemmo così di cominciare la
Francesco Fassbinder
Racconti, poesie, critiche di Francesco Santoro
domenica 25 gennaio 2015
sabato 10 gennaio 2015
La persistenza della memoria - Gli orologi molli
…a Cadaques fa così caldo oggi
che gli orologi di cui ero in possesso da tempo immemore e capitati - chissà
come - sulla spiaggia non lontana da casa, poco prima del tramonto si sono
disciolti. fino ad ora sono sempre stato sicuro della resistenza dei materiali
che li compongono come al caldo, così al freddo, ma soprattutto all'acqua.
l'Atlantico è a poche decine di metri dal mio volto addormentato, fa così caldo
qui, che non appena ha rinfrescato non mi sono nemmeno accorto di essermi addormentato.
non credo di aver sognato, anche se non mi sono ancora svegliato e preferisco
tenere gli occhi chiusi. per un attimo quando li ho riaperti ho assistito a
questo prodigio che non so se sia merito della natura circostante o della
stesso ingegno umano presente all'interno degli orologi. l'orologio da taschino
rosso che mi regalò mio padre il giorno in cui raggiunsi la maggior età si è
putrefatto. il mio stesso volto sembra essersi liquefatto, ma non ne sono
sicuro, mentre avverto sulla mia guancia sinistra il peso dei miei anni. il
paesaggio è rimasto intatto dall'epoca della mia infanzia, ricordo così come la
vedo oggi la magnifica scogliera, anche se l'albero morto e un pezzo di oceano
sono stati inglobati ormai per sempre nell'idea cubica della ragione. sta per
imbrunire del tutto, sarebbe meglio tornare a casa, ma non riesco a svegliarmi,
o forse, ad aprire gli occhi.
Davalsor Dilà
sabato 13 dicembre 2014
Diario del C. (piccola educazione sentimentale del pene dalle origini ai nostri giorni)
Prima Puntata
Marzo 1981
È la prima volta (e anche l’ultima) che appaio su di uno schermo. Siamo in una sala d’ospedale, sua madre è distesa sul lettino con la pancia scoperta, unta di un gel freddo. Il medico passa una specie di mouse sulla sua semisfera di pelle dilatata, io appaio per un momento, piccolissimo, quasi invisibile sullo schermo in bianco e nero, sembro la falange del mignolo di un neonato, ma ingrandendo con lo zoom, si scopre meglio la mia presenza e con essa il sesso del mio padroncino, ancora senza voce, senza sguardo, né movimenti di qualsivoglia coscienza: nuotiamo insieme in un’acqua calda, una penombra densa, opaca, ci avvolge senza remissione, colma di aspettative. Il nostro unico compito è quello di crescere, come lo sarà più tardi ancora per molto tempo. Alla mia scoperta sono seguite le urla di stupore di sua madre – non so se erano anche di gioia -, e più tardi, quando ha ricevuto la notizia, un riso un po’ sinistro di suo padre – forse di scherno. Per lui hanno scelto subito un nome: S. A me non l’hanno ancora dato, nemmeno S. - la presenza a me più vicina, il mio amico, nemico, padrone, confidente – so che mi darà un nome, nemmeno quando mi parlerà…
* * *
venerdì 28 novembre 2014
Dialogo all’uscita da un intervento dello scrittore Roberto Cotroneo in occasione della manifestazione “tu non conosci il Sud”
Bari, 27/11/2014 ore 19:30
A – A me non è piaciuto per
niente. Ci ha considerati, noi pubblico presente, intendo, come dei
celebrolesi. Sappiamo tutti che la Sicilia non è quella descritta dal
Commissario Montalbano!
B – Certo. Ma non è solo questo.
E’ che ha solo detto quello che non è il sud, non una parola su quello che è,
almeno per lui.
C – Non l’ha detto, secondo me,
perché, come per gli altri, il sud è solo un’idea, un po’ sterile e razionale.
Il sud non esiste, può esserci un’idea di sud a seconda degli interessi che uno
ha. Cotroneo, per esempio, ha scritto tutti i suoi romanzi ambientandoli nel
sud dell’Italia e se n’è fatto un’idea sua personale, o ha creato un’idea di
sud che in realtà non esiste. Ora, non ho letto i suoi libri, sia chiaro. Ma se
sono ambientati in un tempo storico passato, va bene, ci può pur essere un’idea
di sud che ora non c’è più, con i suoi problemi, i suoi conflitti, le sue
contraddizioni, ci sta pure, per uno scrittore che vuole scrivere una storia
con dei personaggi calati in un determinato luogo e contesto storico. Ma se
vuoi raccontare una storia contemporanea al tempo in cui stiamo vivendo di cosa
vuoi parlare? Per caso di un sud? Se tra gli abitanti, per esempio, della
Puglia e quelli dell’Emilia sussistono, ora come ora, pochissime differenze
identitarie se non quelle che fanno riferimento al reddito pro-capite.
A – L’ha detto lui stesso che non
appartiene a nessun luogo in particolare.
B – No. Ha detto che è nato e
vissuto ad Alessandria e ha accennato a problemi d’identità del Nord. Poi ha
detto che si sente di appartenere al Salento e alla Valle d’Itria, ma vive a
Roma, città che ha definito cinica, mentre Milano per lui è cattiva, e ha fatto
intendere che essere cinici è peggio che essere cattivi, perché i romani prima
ti sembrano tutti amici, poi spariscono, mentre i cattivi sono cattivi basta.
Poi ha parlato di un certo fascino del nord associato alla nebbia, e alla
bellezza del sud associata alla sua luce.
domenica 23 novembre 2014
Un "Pasolini" vecchio quarant'anni
A
cazzotti con l’ultimo film di Abel Ferrara
Abel
Ferrara nel suo ultimo film si è addentrato in un’impresa non
semplice per un regista americano: filmare gli ultimi giorni di vita
di Pier Paolo Pasolini su un doppio binario: il punto di vista
esterno, empirico, dei fatti accaduti, e quello dell’ultimo periodo
della sua creatività artistica: il suo ultimo romanzo incompiuto
(Petrolio) e la sua ultima sceneggiatura cinematografica
(Porno-Teo-Kolossal).
Il
film comincia con un’intervista da parte di un giornalista francese
durante la proiezione nella sala di montaggio dell’ultimo film del
poeta (Salò o le 120 giornate di Sodoma) dove si discute del
rapporto artista-società e dove il poeta parla del proprio punto di
vista sul tema dello scandalo.
Qui
il film sembra cominciare bene, con la voce calda e allo stesso tempo
dura del poeta (doppiato da Fabrizio Gifuni), interpretato dal
credibile, per il momento, Willem Dafoe. La credibilità si associa
inevitabilmente alle parole inequivocabili e colme di passione
critica del poeta. Tutto è credibile perché testimoniato da testi
esistenti.
Si
passa subito ad un ritratto di famiglia all’interno della sua casa
romana con Adriana Asti (già presente in Accattone nel ’61) nel
ruolo della madre del poeta, Nico Naldini (cugino e scrittore)
interpretato da Valerio Mastrandrea e Graziella Chiarcossi (cugina e
studiosa dell’opera del poeta), più tardi si aggiungerà alla
piccola fedele famiglia Laura Betti (interpretata un po’ sopra le
righe da Maria de Mederiros) di ritorno dal set ungherese del film
Vizi Privati Pubbliche Virtù di Jancsò. Qui il clima è caldo e
privato, sembra di entrare educatamente nella vita intima del poeta,
come lui organizza una giornata, i suoi pensieri e i suoi incontri,
compreso quello con il giornalista Furio Colombo al quale concede
controvoglia l’ultima sua intervista.
giovedì 5 giugno 2014
Ninphomaniac vol. 1 – vol. 2
Le vie del sesso sono finite
Che l’ultimo film scritto e diretto da Lars von Trier sia un capolavoro è cosa opinabile. Ninphomaniac vol. 1 – vol. 2, film della durata di più di quattro ore nella sua versione ridotta e censurata per gli schermi e approvata dallo stesso regista, diviso in due parti, descrive attraverso un dialogo tra una donna di quarant’anni interpretata magistralmente da Charlotte Gainsbourg e un intellettuale interpretato da Stellan Skarsgard, la vita sessuale della protagonista ossessionata dal sesso. Più che come un’ossessione la sua condanna viene descritta, dai primi anni dell’infanzia fino alla maturità, come una dipendenza alla quale la donna non riesce a sottrarsi. Nella prima parte del film che descrive la sua adolescenza fino all’età di venticinque anni, lo sguardo dell’autore sulla protagonista e sulla sua storia è profondamente ironico, marcato a tratti da inserti grafici che ne aumentano il distacco e l’ironia.
lunedì 31 marzo 2014
Convivenze - Racconto per un concorso con parole assegnate
Sono
cinque anni che divido la mia casa situata nelle campagne tra Cisternino e
Ceglie con Gianni, un ragazzo di ventisei anni all’ultimo anno della facoltà di
Giurisprudenza. Lavorando io come operatore ecologico, gli ex spazzini, per il comune di Cisternino,
a causa dei miei orari di lavoro e dei suoi di studio, non abbiamo mai tempo
per parlare, ma in questi cinque anni di convivenza mi pare di aver capito bene
il suo carattere e di conoscere le sue abitudini.
È
stata la mia ex ragazza a presentarci. Sapeva della mia volontà di dividere la
casa con qualcuno, un ragazzo preferibilmente, per far fronte alle ristrettezze
economiche in cui mi trovavo nell’estate di cinque anni fa. Lei viveva ancora
con i genitori ed essendo il nostro rapporto ancora prematuro per una
convivenza e non avendo entrate sufficienti, decise di presentarmi Gianni, che
aveva scelto in quel periodo di essere indipendente e di allontanarsi dalla
casa dei suoi.
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